La guerra (non dichiarata) contro le donne

La guerra (non dichiarata) contro le donne.

La spettacolarizzazione mediatica della violenza sulle donne ha contribuito ad alimentare la diffusione e il consolidamento di un atteggiamento prevaricatorio nei confronti delle donne, tant’è che dall’inizio del 2023 ad oggi, si legge nel report curato dalla Direzione Centrale della Polizia Criminale, che nel nostro Paese sono stati commessi 285 omicidi.

Di questi, 102 sono vittime donne, 82 delle quali sono state uccise in ambito familiare, mentre 53 di queste hanno trovato la morte per mano del partner o di un ex partner.

Una statistica drammatica che è aumentata rispetto all’anno precedente e che rischia di crescere.

I numeri aggiornati al mese di novembre vedono un aumento dei delitti commessi in ambito familiare, che sono passati da 120 a 125 (+ 4%), e risulta in salita, rispetto al 2022, anche il numero degli omicidi commessi dal partner o ex partner, che da 56 diventano 58 (+ 4%).

Una lunga sequenza che richiama, ancora una volta, la necessità di leggi e pene più stringenti.

Il legislatore nazionale dell’ultimo ventennio è intervenuto con un approccio di tipo emergenziale, eppure la prassi dimostra che gli interventi di prevenzione e di contrasto sono del tutto inefficaci se la violenza di genere viene trattata come un problema individuale, legata alla fragilità del singolo o determinata da conflittualità tra due soggetti.

Non a caso è in corso l’approvazione di un rafforzamento della Legge n. 69/2019 (cd. Codice Rosso) con il nuovo D.D.L. Roccella-Piantedosi-Nordio, volto ad introdurre disposizioni per il contrasto alla violenza sulle donne e contro la violenza domestica.

Accanto a un quadro normativo più efficace, però, emerge anche la necessità di una migliore allocazione delle risorse.

Nonostante dal 2013 a oggi, in soli 10 anni, le risorse economiche stanziate annualmente per prevenire e contrastare la violenza sono aumentate del 156%, gli episodi di violenza sono rimasti sostanzialmente stabili nel tempo. Ciò indica la necessità di rivedere la distribuzione delle risorse adottato un approccio più strutturale che emergenziale.

Risulta infatti marcatamente in aumento il rapporto tra gli omicidi in ambito domestico e il totale degli omicidi volontari di donne. Nel 2017, il momento in cui è stata più bassa, la quota si attestava al 73% circa, mentre nel 2020 ha superato l’85%.

A livello europeo l’Italia si presenta come il secondo Paese a bassa incidenza degli omicidi sul totale della popolazione: 0,48 ogni 100 mila abitanti. Più elevato solo dopo il Lussemburgo (0,32) e ben al di sotto della media UE (0,89).

In un contesto in cui la violenza di genere persiste, è cruciale considerare il ruolo fondamentale che un avvocato qualificato può svolgere nel contrastare azioni violente come lo stalking e la violenza fisica.

Il termine “femminicidio” si è purtroppo radicato nella nostra società, indicando un fenomeno devastante che richiede interventi mirati.

Un avvocato competente in diritto delle donne può essere un alleato prezioso per le vittime di violenza, offrendo non solo assistenza legale, ma anche supporto emotivo e strategie efficaci per contrastare gli atti violenti. Dal momento che gran parte degli omicidi di donne avviene in ambito familiare o a opera di partner o ex partner, un avvocato può svolgere un ruolo chiave nell’ottenere ordini restrittivi e misure di protezione.

Inoltre, l’approccio emergenziale del legislatore nazionale, con il Codice Rosso e il D.D.L. Roccella-Piantedosi-Nordio, indica una presa di coscienza dell’urgenza del problema.

Tuttavia, la prassi dimostra che la prevenzione efficace richiede anche un cambiamento culturale e una maggiore consapevolezza della violenza di genere come un problema sistemico, non solo individuale.

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